CITTÀ E GOCCE DI MARE
Di quella metropoli mi piacevano le comodità, l’avere tutto a portata di mano: dal sushi al mobiletto e svedese da montare in cantina per riempirlo delle centinaia di scarpe col tacco che ormai non indossavo più, se non per i matrimoni di lontani parenti di cui non ricordavo neanche il nome, ma loro, a quanto pare, ricordavano ancora bene il mio.
La città era comoda, sì, ma non accogliente, sapeva essere madre e matrigna.
In alcune giornate accumulavo così tanta freneticità da non riuscire più neanche a vedere il cielo.
Gli attacchi di cervicale muscolo tensivi si moltiplicavano, il cielo non si colorava, il mobiletto giaceva in garage inscatolato, da ormai troppo tempo.
Come da troppo tempo non rincorrevo l’azzurro.
Scesi dalla macchina. Riempì gli occhi di acqua specchiata nel sole.
Tutto era colore! Il tempo acquistò senso, persino quello che pensavo di aver perso.
Volentieri porterei con me tutto ciò che è qui, ma in un respiro ne farò scrigno.
Le mie orme nella sabbia dileguavano i dubbi del passato, divenendo stampella dei giorni avvenire
Vidi Dio nel tremolio grazioso di ogni singola goccia salata: nel cuore accogliente e morbido del mare.
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